Workshop with the participation, among others, of the artists Fausto Delle Chiaie, Andrea Lanini and Giuliano Nannipieri.
Giuliano Nannipieri
Andrea Lanini
Fausto delle Chiaie (and his trolley)
18 June
Museo dell’Arte Italiana in Esilio is a project developed by Cesare Pietroiusti with Alessandra Meo, Mattia Pellegrini and Davide Ricco, which has been a great inspiration and contribution for The Inadequate. The Museo dell’arte italiana in Esilio aims to create an art collection with the work of some artists who have been neglected for different reasons in the circuit of ‘professional art’ – or insider art. This collection will constitute a museum that will only exist outside Italy, establishing a geographic and conceptual exile, perhaps a ‘salon des refusés’ of these ‘artists’ artists’ exercising their influence from the safe distance of exile.
The meeting of arte contemporanea italiana in esilio happened, but I have to admit I was not there – force majeure, the birthday of my son (8!). Some very interesting articles came in the press, such as:
http://www.artribune.com/2011/06/il-“vero”-padiglione-italiano-e-in-esilio-in-spagna/
I was not there but I have received some pictures of the performances and conversations of Fausto Delle Chiaie, Andrea Lanini and Giuliano Nannipieri.
I hope, again, that they will be able to upload themselves some more information.
Here come the pictures
And here the detailed account of Mattia Pellegrini
Il “Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio” ha realizzato un laboratorio all’interno della Biennale di Venezia nel Padiglione Spagnolo come parte del progetto “L’Inadeguato” dell’artista Dora Garcia.
L’Inadeguato è un progetto sulle marginalità artistiche e politiche dagli anni 70 ad oggi in Italia, con particolare riferimento al potenziale rivoluzionario della legge Basaglia non solo in ambito psichiatrico ma anche culturale.
Dora Garcia una volta scelta come unica artista del Padiglione Spagnolo ha deciso di trasformarlo in una serie di incontri/performance che lo renderanno attivo per tutta la durata della Biennale.
Il gruppo del “Museo in esilio” composto da Cesare Pietroiusti, Alessandra Meo, Mattia Pellegrini e Davide ricco ha deciso a sua volta di creare un laboratorio operativo diviso in due incontri.
In questo primo incontro abbiamo spiegato gli intenti del museo in esilio, quindi la ricerca di personalità che per qualche particolarità possano essere considerati “artisti in esilio” ( esclusi o autoesclusi dal mondo dell’arte,personaggi che praticano ricerche eccentriche o hanno comportamenti eterodossi consapevoli o meno di fare arte, ma anche ricerche nell’ambito del parascientifico, del parapolitico, del parareligioso …insomma in generale quei personaggi i cui comportamenti mettano in crisi le regole prestabilite dei sistemi di controllo).
Inoltre è stata l’occasione per far conoscere direttamente attraverso le loro performance tre artisti che già fanno parte del progetto (Fausto Delle Chiaie, Giuliano Nannipieri e Andrea Lanini)
Il secondo incontro a fine ottobre permetterà ai partecipanti di mostrare il materiale raccolto in questi mesi attraverso qualsiasi metodo di documentazione ma partendo sempre dalla peculiarità del progetto cioè quello di adattarsi all’artista a seconda delle proprie qualità ed esigenze e non viceversa.
Il laboratorio si è infilato in una piega della piega del sistema Biennale. Trasformati dalla pedana centrale del padiglione L’Inadeguato in performer non troppo consapevoli, si è creata una situazione di dibattito e di sperimentazione curatoriale ed artistica.
La discussione si è animata sui concetti di esilio, sulle pratiche di inclusione ed esclusione del sistema dell’arte e sulla messa in discussione di tali tematiche.
Non sono mancate le domande critiche e il lecito dubbio che portando in superficie certe ricerche si rischi di mescolarle con quel sistema che in realtà si sta criticando.
La risposta più significativa credo che sia stata data dagli artisti presenti che con le loro performance hanno destabilizzato, ognuno a suo modo, i vari ambiti precostituiti del controllo della produzione culturale ed artistica.
Giuliano Nannipieri già da prima del nostro ingresso ha iniziato le sue performance multiple che hanno attraversato tutta la durata del workshop.
Appena entrati lo abbiamo trovato sotto un telo nel centro del padiglione con al lato un cellulare che squillava aspettando di interagire con lo spettatore (pagare per essere ascoltati) successivamente ha creato con farina ed acqua delle piccole palline, finti pidocchi da attaccare e poi riprendere pagando (pagare per esistere), performance da maestra come gli piace sottolineare che aveva già praticato nella scuola elementare dove insegna per togliere la paura del contagio del parassita ai bambini ed eliminare il pregiudizio verso i Rom (spesso additati dai genitori come i responsabili)
Tutto questo avveniva appunto mentre si spiegava il progetto e le incursioni parassitarie di Nannipieri rendevano l’atmosfera ancor più interessante con un dialogo con Cesare Pietroiusti che si mostrava indifferente mentre Giuliano con la bocca staccava i “pidocchi” dalla sua testa, scambio da grandi performer.
La multi performance è continuata con la consegna della seconda tesi dell’artista stampata in Falso adelfi “Dal corpo al corpus and back again: me stesso con e senza rete. Pratiche di costruzione della memoria. Storia come pubblicità e restauro della performance”.
Così al bordo della pedana centrale ha allestito una colonna di suoi libri poi ha rovesciato della carne (su cui scriveva “pagare per esistere”) e due lettere di rifiuto del suo lavoro da parte di Gagosian e Saatchi trasformate in adesivo .
Per concludere la mattinata ha poi posizionato fuori dall’ingresso del padiglione una piscinetta sgonfia che riempiva con secchiellate d’acqua dove si è rotolato violentemente quasi nudo (qui il suo passato da artista body radicale) per poi iniziarvi a leggere una delle lettere mandate al museo in esilio portando all’estremo la propria voce: “Questa italiana mi sembra una società fortemente egoica ovvero una società in cui i processi collettivi di semplificazione banalizzano alla coscienza i desideri profondi in percorsi di omologazione”.
La forza concettuale e l’impatto fisico di Giuliano sono state recepite da tutti i partecipanti confermando l’idea che ci sono grandissimi artisti che praticano fuori dal sistema.
Nel pomeriggio ha poi attaccato sul muro del padiglione adesivi con lettere ed immagini del proprio lavoro scrivendo le caratteristiche fondamentali del suo pensiero, si è poi unito a noi nella discussione portando la sua grande carica di pensatore radicale.
Ha infine concluso il workshop attaccando 20 centesimi nelle sua “Opera ridotta a pubblicità” un disegno stampato sul Poster/Manifesto del “Museo in Esilio” creato per l’occasione, in collaborazione con la Rivista “Boite” di Giulia Brivio e Federica Boràgina.
Fausto Delle Chiaie artista romano molto conosciuto soprattutto perché da più di vent’anni allestisce il suo “Museo a cielo aperto” a Piazza Augusto imperatore, ci ha incantato già nel giorno precedente al laboratorio quando appena sceso a Venezia è riuscito subito ad individuare il contesto giusto per le sue azioni e con il suo finto cagnolino Lilly al guinzaglio ed il suo falso cellulare ha bloccato un’ intera strada di passanti divertiti ed inconsapevoli di fare essi stessi parte dell’opera di Fausto Delle Chiaie.
All’interno del Padiglione è stato proiettato il video documentario sull’artista romano dal nome “Robaccia” http://www.youtube.com/watch?v=wLdteywPgTc
Successivamente ha risposto alle domande dei partecipanti ribadendo la convinzione che all’interno del contesto “l’opera è tutto”.
Quando gli è stata chiesta la reazione della polizia municipale e dei passanti in generale rispetto al suo lavoro e al fatto di non avere permessi per esporre sul suolo pubblico Fausto ha affermato che nessuno chiede di togliere i suoi oggetti dalla strada perché la sua determinazione e costanza nella propria ricerca artistica hanno fatto si che lui e il suo museo siano parte integrante di quel contesto urbano e quindi non sono rimuovibili.
Del suo “museo a cielo aperto” come ci tiene giustamente a ribadire è il curatore,l’opera,il cassiere,il controllore,l’artista.. è tutto ripete, facendo una smorfia, carico di quell’ironia dono delle grandi menti.
Nella sua consapevolezza di essere un artista e di “dare molto più che una monetina a Roma e a chi passa” scardina profondamente i concetti di “artista” e di “museo” indagando le possibilità di una vita libera fuori dagli schemi e dalle manie di successo “ufficiale” e denaro.
Andrea Lanini oltre ad aver partecipato attivamente alla discussione sulla pedana dell’ Inadeguato ha deciso di creare fuori della Biennale un Happening dal nome “Di vino Pozzo” nel quartiere popolare di Castello appena fuori i giardini.
Riprendendo le caratteristiche essenziali della sua ricerca, quindi il dialogo con i contesto e la relazione con l’arte del passato ( la sua pratica artistica è sempre corsa parallela a quella di insegnate di Storia dell’arte), ha creato un “installazione generosa e potenzialmente generatrice di ebbrezza”.
Sullo sfondo interviene su quattro panni attaccati in mezzo ai vestiti degli abitanti che rimandano ai maestri della pittura rinascimentale veneziana ed un pozzo di cartone tagliato a mano posizionato in una calle tra due veri pozzi.
Il riferimento storico va a Veronese e alle Nozze di Cana quindi un pozzo non di acqua ma pieno di Vino. Dopo aver letto un bellissimo testo scritto per l’occasione ha iniziato a versare il Vino a tutti noi ed ai passanti, concludendo la giornata in maniera festosa e Dionisiaca creando una di quelle “Zone autonome temporanee” , descritte Hakim Bey, dove i pensieri vanno liberi i dibattiti si animano e tutto il conosciuto viene messo radicalmente in discussione, esempio e specchio di quelle situazioni che va cercando di creare il “Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio”.
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